giovedì , 28 Settembre 2023

Ddl Ricostruzioni: stop dopo 9 anni. Commissari “tecnici” ma poco Straordinari

Il Consiglio dei ministri esaminerà oggi 22 giugno il disegno di legge per regolare con nuovi meccanismi e modelli di gestione tutte le ricostruzioni dopo catastrofi e calamità naturali, che siano terremoti, alluvioni o disastri industriali. Il provvedimento ricalca in parte il disegno di legge delega per il Codice unico delle Ricostruzioni del governo Draghi, mai arrivato in porto per la fine anticipata della legislatura, ma con alcune differenze molto importanti, a cominciare dalla fissazione di un termine massimo di 9 anni per completare ogni ricostruzione.

Ordinanze concertate col Governo

I Commissari individuati per gestirle, scelti tra soggetti dotati di “capacità manageriali e professionalità specifica”, quindi non politici, governeranno sempre attraverso ordinanze, ma a differenza di oggi, queste dovranno essere emanate “di concerto” con il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Sarà dunque il governo ad avere direttamente in mano il pallino del gioco ed i cordoni della borsa. Generalmente, i Commissari gestiscono i fondi attribuiti ad una contabilità speciale da determinati stanziamenti del bilancio pubblico decisi dal Parlamento. Generalmente, perchè in realtà oggi le norme che regolano le attività dei Commissari in carica sono tutte diverse.

Sei leggi per sei ricostruzioni

Come sono tutte diverse tra loro le norme che governano le sei ricostruzioni oggi in corso in Italia. Per l’Abruzzo 2009, ad esempio, non c’è un Commissario ma la ricostruzione è affidata ad una Struttura di Missione di Palazzo Chigi e i contributi non vengono concessi col credito d’imposta, ma con erogazioni dirette. La ricostruzione dell’Emilia dopo il sisma del 2012, come quella del Molise, è affidata direttamente alla Regione. Per frane e alluvioni, ivece, c’è sempre stato un Commissario Delegato della Protezione Civile, nominato dal Governo d’intesa con la Regione.

Stop alla governance multilivello

Per l’alluvione emiliana, per la prima volta, ci sarà invece un Commissario per la Ricostruzione, nominato direttamente dall’esecutivo, e legato ad esso a doppio filo. La governance multilivello assicurata dalla Cabina di Coordinamento nel sisma 2016, dove dentro c’erano il governo col Commissario, le Regioni e i Comuni, di fatto, sparisce. Le ordinanze del Commissario dovranno essere emanate, oltre che di concerto col Mef, e sentiti i Ministeri della Cultura e delle Infrastrutture quando serve, d’intesa con i Presidenti delle Regioni interessate. Ma fuori dalla Cabina, che ad esempio per il 2016 è l’organo che approva tutti i provvedimenti. In futuro la Cabina, dove oltre ai Governatori e ai sindaci entreranno anche il Capo Dipartimento Casa Italia, il Capo Dipartimento della Protezione civile e i rappresentanti delle Province, rimarrà con il solo compito di coadiuvare il Commissario nel monitoraggio e nella definizione del piano pluriennale degli interventi.

Addio agli Uffici Speciali Regionali

L’altra novità più che sostanziale nello schema del governo è che nelle ricostruzioni gli Uffici Speciali Regionali non avranno più alcun ruolo. Le richieste di contributo per la riparazione degli edifici, insieme al progetto, alla certificazione della conformità urbanistica e alla determinazione del contributo da parte del tecnico (come ora), dovranno essere presentate direttamente ai Comuni, non più agli Uffici regionali. Saranno gli uffici dei sindaci a fare l’istruttoria, poi il Commissario firmerà il decreto ed effettuerà i controlli a campione sulle pratiche approvate. Una scelta che apre interrogativi su almeno due questioni: la capacità dei Comuni di far fronte al carico di lavoro ed il destino degli oltre duemila tecnici che oggi lavorano negli Usr di Emilia, Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, (dove ce ne sono addirittura tre: uno per il 2016, uno per l’Aquila 2009, uno per il resto del cratere 2009). Il disegno di legge sulle ricostruzioni non esclude la creazione di una “autorità” apposita, e intanto prevede il rafforzamento di Casa Italia, con l’assunzione di 50 tecnici. Nel Codice di Draghi si prevedeva invece la creazione di un Dipartimento delle Ricostruzioni, accanto a quello della Protezione Civile, dove sarebbero potuti confluire parte dei tecnici oggi impiegati proprio negli Usr.

Pratiche ai Comuni

C’è poi da considerare che dopo una catastrofe importante i Municipi e la macchina amministrativa sono spesso fuori uso, esattamente come le abitazioni e le imprese (nel 2016 molti edifici comunali sono crollati, o sono divenuti inagibili, spesso con la perdita degli archivi degli uffici tecnici), moltissimi Comuni, soprattutto nelle aree interne, forse le più esposte ai rischi di calamità, sono piccoli o piccolissimi, e non hanno, o quasi, capacità amministrativa. Pur avendo un ruolo tutto sommato limitato, per la ricostruzione 2016 i Comuni sono stati aiutati prima con il trasferimento di personale assunto a tempo determinato, poi con la loro stabilizzazione (spesso effimera: appena assunti, molti hanno fatto, e i vinto, i concorsi della pubblica amministrazione per trasferirsi in altri luoghi). Le stesse difficoltà stanno emergendo adesso nell’attuazione dei progetti del Pnrr.

Un termine dopo nove anni

La novità più importante in arrivo è però la fissazione, per legge, di un termine massimo per completare le ricostruzioni: “Nove anni per finire. Le ricostruzioni non possono durare in eterno”, dice il Ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, e ha ragione. Il ddl, in realtà, stabilisce un termine massimo di cinque anni, prorogabili a 10 e mezzo, per lo “stato di ricostruzione”, che segue quello di “emergenza”, gestito dal Commissario. Stabilire un termine è positivo, pensare che bastino dieci anni è quanto meno aleatorio. Le ricostruzioni del Belice e dell’Irpinia non sono mai finite, per il Friuli ce ne vollero quindici, il cratere abruzzese 2009 è ancora indietro, pure in quello dell’Emilia 2012 la ricostruzione pubblica non è conclusa, in Centro Italia, dopo il 2016, siamo a oltre metà delle domande e forse a un quarto della ricostruzione.

Il cuore oltre l’ostacolo

Non c’è, per queste lentezze, una dirimente ragione di fondo. Le ricostruzioni sono frenate, ciclicamente, dai molti problemi “esterni”, oggi il 110%, ieri la mancanza dei materiali, delle imprese, dei tecnici, oppure le regole incerte, se non proprio la mancanza dei fondi. Ma anche da tanti problemi “interni”, dentro al cratere, o ai crateri. Ci sono per esempio sindaci di comuni, spesso piccoli, che amministrano come sceriffi, e fanno i comodi dei loro amici e i dispetti agli altri, altri che fanno la guerra al presidente della regione. E poi cittadini che si fanno la guerra tra di loro, come negli aggregati o nei condomini dove c’è chi vuole demolire e chi si oppone, chi preferisce rimanere nelle casette d’emergenza, chi sceglie di vivere in un posto migliore, dove magari trova lavoro o ha un ospedale vicino. Ci sono tantissime seconde case che non hanno nessuna fretta, tante successioni ereditarie non fatte, proprietari irreperibili e proprietà talmente frazionate che la definizione delle pratiche è impossibile. Tecnici che hanno accaparrato centinaia di incarichi, imprese che abbandonano i cantieri. Stabilire un termine è necessario, meglio ancora sarebbe ridurre gradualmente l’entità del contributo, purchè questo, però, non voglia dire gettare il cuore oltre l’ostacolo. I reali problemi che frenano questi processi vanno affrontati, tutti, e nel dettaglio, con provvedimenti che non sempre può fare un Commissario. Il rischio, altrimenti, è che nei luoghi delle catstrofi si avvii una cinica opera di selezione.

Paga lo Stato

Un’ultima nota, importante. Magari non avrebbe portato a nulla, ed era pure vago, ma nel vecchio Codice delle Ricostruzioni c’era almeno un riferimento alla possibilità di ricorrere a meccanismi assicurativi in alternativa al sistema del contributo pubblico, al quale non si fa il minimo cenno nel ddl proposto da Musumeci. Eppure è lo stesso Ministro a ripetere spesso che se si è scelto di ricostruire, più che di prevenire, è solo perchè nelle ricostruzioni si crea consenso politico.

M. Sen.

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