Illegittime le varianti ai danni lievi. Adesso chi paga?

Stavolta il guaio è grosso. Pare che a causarlo sia stato solo una “svista” del Commissario alla Ricostruzione, ma quello che è certo è che a qualcuno costerà un sacco di soldi. Le varianti in corso d’opera ai progetti di riparazione dei danni leggeri, che secondo l’Ordinanza 80 in vigore possono arrivare al 30% del valore, sono state bocciate dalla Corte dei Conti. Non possono superare il 15%, come per i danni gravi. Ma dopo i rilievi dei magistrati contabili nessuno ha corretto quel provvedimento, che ancora appare (nel testo sbagliato) sul sito internet del Commissario. Il problema è che molti progetti avviati, ma non ancora arrivati a fine lavori, contano su una maggiorazione che oggi non c’è più. Con il rischio concreto che, se non si risolverà il problema (cosa oggettivamente complicata), alcuni proprietari si troveranno costretti a dover finanziare di tasca loro la differenza. O a rivolgersi a un Tribunale.

Un brutto pasticcio

Nel momento in cui il Parlamento discute la proposta del Governo di affidare ai tecnici tutta l’istruttoria dei progetti di ricostruzione, oggi svolta dagli Usr, un pasticcio del genere proprio non ci voleva. I professionisti, non solo quelli che sanno di dover affrontare l’ira dei loro clienti, sono ovviamente inferociti. Come possono certificare l’importo del contributo pubblico, come vorrebbe il governo, quando le regole cambiano così radicalmente a partita in corso?

La svista

La vicenda è clamorosa, anche per il modo con cui è stata gestita. L’Ordinanza 80, che prevede le varianti fino al 30% per i danni lievi, viene pubblicata sul sito del Commissario il 6 giugno scorso, e così entra in vigore, anche se non ha ancora ottenuto il via libera di legittimità della Corte dei Conti. Il 30 agosto il Commissario, Piero Farabollini, comunica che la Corte ha fatto delle osservazioni su quel provvedimento, che il 5 settembre viene ripubblicato sul sito internet, corredato dalla certificazione della Corte (n.1797). Ma nel testo sbagliato, che tiene conto di tutte le osservazioni dei magistrati, tranne la più importante, quella che boccia le varianti al 30% e le riporta al 15%.

Pagano i proprietari

Cosa ancor più incredibile è che l’inghippo salta fuori solo adesso, due mesi e mezzo dopo l’errore, o la svista che sia. Nel frattempo i lavori sono partiti, e c’è chi ha fatto legittimamente affidamento sulle varianti fino al 30%. E che a fine lavori avrà l’amara sorpresa di scoprire che i soldi non ci sono. Non tutti quelli previsti, almeno. Chi paga? Chi ci mette la differenza? Secondo la legge non ci sono dubbi: le spese eccedenti il contributo pubblico vanno “in accollo” ai proprietari.

Le mosse di Farabollini

I casi in questione non dovrebbero essere moltissimi, qualche decina. Ma ballano decine se non centinaia di migliaia di euro. E se anche fosse uno solo il problema non è di poco conto. Farabollini per ora non ha preso iniziative, ma prima o poi l’Ordinanza 80 (che ancora prevede le varianti al 30%) la dovrà correggere. Oggi l’Ufficio Speciale per la Ricostruzione ha diffuso una nota a tutti i professionisti, spiegando che da ora non saranno più accolte domande che prevedano varianti superiori al 15%.

La nota dell’Usr

“D’intesa con il Commissario, in via cautelativa, dalla data del 19/11/2019 (data in cui gli Uffici Speciali per la Ricostruzione sono venuti a conoscenza della nota della Corte dei Conti), per i danni lievi e per le domande presentate, non saranno più esaminate e ammesse a contributo varianti di importo superiore al 15% rispetto al contributo concesso e tutte le proposte di variante che non rientrino nella predetta percentuale dovranno essere rimodulate, contenendo la variazione entro il limite imposto”.

Il caso resta aperto

Resta il problema di sanare l’errore passato, a meno di non voler scaricare tutto sulle spalle dei proprietari. Ma forse un’Ordinanza non basta, e ci vorrà una legge.

M. Sen.

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