Diciotto case riparate. La ricostruzione dopo il grande terremoto del 2016 in Centro Italia è tutta qui. Le abitazioni da riparare si stima siano più di centomila, e nonostante lo Stato abbia garantito il rimborso integrale dei danni, a venti mesi dalle prime scosse la situazione è desolante. Lo era anche prima della notte scorsa, e ora rischia di aggravarsi.
Aperti 600 cantieri
«Temo che possano avere un effetto negativo – dice il Commissario Paola De Micheli – sul processo di ricostruzione avviato». Qualcosa stava cominciano a muoversi appena adesso, con una lentezza esasperante. Oggi gli Uffici Speciali della Ricostruzione di Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, stanno esaminando meno di 4 mila progetti presentati dai privati. Quelli già approvati, e dunque i cantieri aperti, sono appena 614.
Una pratica al giorno
Nelle Marche, dove c’è la massima concentrazione dei danni, l’attività degli Uffici è quasi ferma. Le pratiche presentate, alla data di ieri, 10 aprile, erano 2.170, a fronte di 60-70 mila immobili danneggiati. Nell’ultimo mese, a Macerata e Fermo, sono state presentate solo 150 domande di contributo. Nell’Ufficio, guidato da Cesare Spuri, dal quale è partito pochi giorni fa l’allarme sui ritardi, lavorano pochi tecnici, e l’esame delle domande richiede tempo. Ne approvano, in media, una al giorno. E di questo passo per esaminarle tutte l’Usr di Macerata e Fermo finirà nel 2.182, impiegando 165 anni.
Manca il Rup
Come la ricostruzione privata, anche quella pubblica procede con enorme lentezza, benché ci siano tanti soldi disponibili. Nel bilancio dello Stato ci sono 7,5 miliardi per la ricostruzione pubblica e privata, poi ne sono arrivati altri 1,2 dall’Unione Europea. Però gli appalti non partono. Prima c’era un committente unico, Invitalia. Ora, per accelerare, si è consentito anche ai Comuni, e perfino alle diocesi, di divenire stazioni appaltanti. Ma quasi nessuno, soprattutto i piccoli comuni, ha personale con le qualifiche idonee per ricoprire il ruolo di Rup, il responsabile unico di progetto, indispensabile per il Codice degli appalti.
I ritardi delle Sae
In ritardo è anche la consegna delle casette. Alla fine di marzo ne erano state consegnate 3.021, il 78% del quantitativo richiesto dalle quattro regioni. Ce ne sono altre 400 già installate che però non possono essere consegnate perché non sono finiti i lavori di urbanizzazione. Ancora una volta, i maggiori ritardi sono nelle Marche. A Camerino, con l’intero centro storico in zona rossa, devono essere consegnate ancora 311 casette. A Visso, il comune guidato da Giuliano Pazzaglini, appena eletto senatore con la Lega, ne manca un terzo, come a Valfornace, vicinissimo all’epicentro delle ultime scosse.
43 mila sfollati
In molti comuni ci sono stati ritardi per individuare le aree dei nuovi insediamenti dovuti alle fragilità del terreno. Problemi che in molti casi hanno fatto lievitare enormemente i costi. In alcune zone, dove è stato necessario sbancare montagne per trovare un posto sicuro, il costo effettivo delle Sae è salito da mille a 6-7 mila euro al metro quadro, come una casa nel centro di Milano. Poi però hanno risparmiato sui tasselli per ancorare i pensili, e la paura è arrivata ad abitare anche le nuove casette, dove aveva appena trovato riparo una parte dei 43 mila sfollati del Centro Italia. Oggi ce ne sono ancora 2.922 negli hotel della costa, e altri 40.129 beneficiano del contributo di autonoma sistemazione, che costa allo Stato 12 milioni di euro al mese.
Non è un paese per giovani
«Siamo allo stremo» dice Mauro Falcucci, sindaco di Castesantangelo sul Nera. I 311 abitanti che aveva all’ultimo censimento oggi sono diventati 140. Quindici nelle case ancora agibili, 125 nelle 63 che sono state consegnate. E sono rimasti solo i vecchi. Nelle casette di Castelsantangelo, tra quei 140 abitanti, la metà esatta ha più di 65 anni, e i ragazzi sotto 14 sono appena tre. «Che futuro abbiamo?» si chiede Falcucci.
Mario Sensini – Corriere della Sera 11-04-2018
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In merito ai fondi stanziati per la ricostruzione, a parte 1,2 miliardi di euro arrivati dall’Unione Europea, con la Legge di Bilancio 2017 è stata autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per il 2017 e 200 milioni di euro annui dal 2018 al 2047. Attualmente di sicuro ci sono soltanto queste briciole, come riportato anche nell’art.27 NORMA FINANZIARIA dell’ordinanza N.19. Considerando in modo ottimistico un fabbisogno di 30 miliardi di euro per la ricostruzione privata, ci vorranno 150 anni. Sarei molto grato se qualcuno mi fornisse informazioni su altri stanziamenti. I politici non hanno fatto altro che dire “i soldi ci sono”, ma quanti e in quanto tempo saranno disponibili, non l’ha detto mai nessuno.
Con quello stanziamento trentennale è stato costituito il plafond Sisma Centro Italia, presso la Cassa Depositi e Prestiti, per un importo complessivo di 6,5 miliardi di euro. Sono risorse immediatamente spendibili (se ci fossero i progetti…). In pratica Cdp ha fatto un mutuo allo Stato, che lo rimborsa in trent’anni a 200 milioni l’anno. Ma i soldi per la ricostruzione privata ci sono e sono 6,5 miliardi. Che sono molto più dei 200 milioni di cui parla lei, ma molto meno dei 30-35 che serviranno per ricostruire tutto. C’è una legge che garantisce ai proprietari il diritto a ottenere il rimborso del danno subito, gli stanziamenti di bilancio, quando saranno esauriti i 6,5 miliardi (speriamo presto, ma non è aria) saranno adeguati.