Nelle valli, nei paesi distrutti dal sisma, divampano le polemiche sulla ricostruzione. Sulle montagne dei Sibillini, intanto, la terra continua a trasformarsi.
Le crepe che si sono aperte ad agosto e ottobre, con le migliaia di scosse che sono seguite, continuano ad assestarsi, ad allungarsi, ad approfondirsi.
Sul Monte Porche appaiono come trincee, “larghe un metro e mezzo o due, con rigetti di quasi un metro d’altezza” racconta Erwin Schettino, geologo, autore di queste foto.
In alcuni casi la faglia emerge esattamente sulla cresta della montagna, aprendo un solco. Qualche volta creando delle voragini.
“Sotto la cresta di Passo Cattivo c’è una zona di distacco importante, un pezzo di versante che scivola in basso. Ci sono segni evidenti di crolli. Ti dà l’idea che basti saltarci sopra per far venire giù tutto”
La ferita sul fianco di Monte Porche, che apparve quella mattina del 30 ottobre sugli schermi di Sky, e ci fece capire che era successo qualcosa di davvero inimmaginabile, è ancora lì. Nitida e profonda, come un colpo di lama su una tela.
“C’è un sistema di fratture secondario e collegato alla zona di faglia principale” spiega Erwin, cresciuto a San Severino, e laureato in Scienze della Terra a Milano. “Sono piani in qualche modo coniugati a quello principale, che con le scosse si fratturano e ruotano”. E innescano altri pericoli.
“Le faglie guidano le dinamiche di versante, e dunque anche i movimenti franosi. Nella zona di Monte Porche, Passo Cattivo, di frane ce ne sono già state, ma si evidenziano molte zone di debolezza capaci in futuro di provocarne altre” dice Erwin.
(M. Sen.)