lunedì , 25 Settembre 2023

Spopolamento, il dossier Errani-Gentiloni. Problemi, errori e strategie

«La ricostruzione deve rappresentare una rinascita, un’occasione di sviluppo e di rilancio di molti territori del “cuore dell’Italia» scrive il premier, Paolo Gentiloni, nella prefazione. E non potrebbe che essere così, visto il quadro che emerge dal Rapporto curato dal Commissario alla ricostruzione Vasco Errani, che ha appena lasciato l’incarico a Paola De Micheli, pubblicato a un anno dall’avvio del sisma che ha sconvolto il Centro Italia. Un’area che già prima del terremoto presentava grandi «fragilità», non solo indotte dalla difficoltà del territorio, ma anche da un assetto istituzionale «debole», dovuto anche dal gran numero dei Comuni in cui è diviso il territorio, in forte declino economico e soprattutto in fase di spopolamento molto accentuato.

Un paese di vecchi

I tre terremoti del 2016 «il più grande disastro naturale occorso in Italia negli untili trent’anni» hanno colpito un’area di 8 mila chilometri quadrati, 140 Comuni, metà dei quali ad oltre 900 metri di altezza, quasi tutti con meno di 10 mila abitanti, ma in gran parte piccolissimi, con meno di mille residenti. Ha colpito 600 mila persone, il 25% dei quali con oltre 65 anni (la media nazionale è il 20,8%), e appena il 12% di under 14. In 107 di questi 140 Comuni, si legge nel rapporto, la popolazione è in forte calo nel periodo 1971-2011, «con tassi che in alcuni casi sfiorano il 30%», mentre nel resto d’Italia è cresciuta del 9,8%. A complicare il tutto , in ottica ricostruzione, c’è anche la scarsa diffusione delle imprese: sono 40 mila con 150 mila addetti, con una densità pari alla metà della media nazionale. Però ci sono 25 mila imprese agricole, il doppio della media.

… e molto pericoloso

Le dimensioni dei danni erano più o meno note: 185 mila edifici e 340 mila abitazioni coinvolte, il 30% delle quali vuote o occupate da non residenti (il motivo per cui lo Stato ha deciso di rimborsare, per la prima volta, anche la riparazione delle seconde case) . Il problema è che gran parte di queste case sono sparse nella campagna e tra i monti: nelle Marche colpite dal sisma sono il 24% del totale, il doppio della media nazionale. E soprattutto giacciono in un territorio molto pericoloso dal punto di vista sismico, che «rende oggi necessaria l’adozione di livelli di cautela e di analisi preliminari mai adottati in precedenza».

Priorità a scuole e lavoro

«L’obiettivo è quello di ricostruire la comunità», non solo le case, «di ricostruire un’identità e una voglia di futuro» scrive Errani con i Governatori di Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, vice Commissari, destinati a prendere in futuro sempre più poteri. «Priorità quindi alle scuole e al lavoro, per contrastare lo spopolamento, per tenere qui le radici delle famiglie e il reddito». Subito, però, lo stesso Rapporto evidenzia dei problemi nell’attuazione di questa strategia. Ed alcune criticità, emerse in questo primo anno, «che devono trovare idonee risposte».

Cosa non ha funzionato

Il primo problema è stata la dimensione dell’area colpita dal terremoto, che ha costretto a una continua revisione della normativa. Il secondo è la scarsa «reattività dei proprietari», anche «a causa della complessità ricostruttiva determinata dalla necessità che la ricostruzione segua parametri di sicurezza assai elevati». La terza criticità è dovuta alla «preesistente fragilità della pubblica amministrazione locale in termini di conoscenze e competenze delle ridottissime risorse professionali a loro disposizione, non in grado di far fronte a una situazione imprevista e anomala e in una prospettiva di tempi di realizzazione che superano i mandati amministrativi».

Comuni piccoli e egoisti

Ultimo punto dell’autocritica è l’«inadeguatezza dimensionale delle strutture di supporto», dagli Uffici speciali per la ricostruzione, alla stazione unica di committenza, «predisposte per un evento di dimensioni contenute e che ora richiedono di essere ripensate al fine di supplire alle evidenti debolezze organizzative delle strutture locali». Se una delle priorità contro lo spopolamento è l’investimento sulle scuole, nel Centro Italia c’è un rischio in più. Figlio dello stesso campanilismo che fin qui a impedito ai sindaci di dialogare tra di loro in modo efficace. Perché ciascuno pretende di avere, o riavere, il suo, ma certe dimensioni non giustificano gli investimenti.

Rischio aule vuote

Il Rapporto evidenzia «un’alta frammentazione dei plessi» e «un bassissimo numero medio di alunni per istituto». «Elevatissima è la percentuale di classi ridotte e pluriclasse, nonostante le distanze non giustifichino la presenza di una scuola in ogni Comune o in più frazioni dello stesso Comune». Tutti vogliono conservare e ricostruire il mondo precedente, quando sarebbe possibile razionalizzare. Davanti all’esigenza di forti investimenti pubblici «andrebbe valutata la capacità delle scuole di riempire le nuove strutture di studenti».

Parola ai cittadini?

In più passaggi del Rapporto si sottolinea la necessità di avvicinare il processo decisionale il più possibile ai cittadini, coinvolgendoli nelle scelte della ricostruzione. Lo sottolineano anche Errani e i governatori regionali. Ma nonostante il coinvolgimento dei cittadini sia previsto dalla stessa legge di ricostruzione, siamo ancora all’enunciazione dei principi. Il Commissario ha già fatto due ordinanze in cui affronta il problema, sostanzialmente rinviandolo. E anche l’ultima Ordinanza, che riguarda proprio le modalità di partecipazione alle scelte rinvia la definizione dei sistemi di consultazione ai posteri. Per ora, intanto, si prevede che i cittadini e le loro associazioni possano presentare proposte sia al Comitato istituzionale tra governatori e sindaci, che alla Conferenza permanente tra il Commissario e il governo. Ma come saranno consultati i terremotati sulle scelte da fare ancora nessuno lo dice.

Mario Sensini

Leggi l’articolo sul Corriere della Sera

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

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One comment

  1. Paolo Tramannoni

    Sulla maggiore presenza di anziani in zona, vista da lorsignori come fenomeno negativo: in genere su questi monti si moriva alle soglie dei cent’anni; in città molto prima. Proprio nelle Marche si sta istituendo l’agenzia nazionale sulla terza età, che dovrebbe studiare i segreti di questa longevità. Gli anziani montanari non avevano voglia di andarsene anzitempo per fare un favore alle statistiche.

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