Sui social network si registra molta soddisfazione. Le dimissioni di Fabrizio Curcio da Capo del Dipartimento della Protezione Civile vengono salutate con gioia, se non come una liberazione. Molti sotto ci vedono anche una guerra sotterranea con il Commissario alla Ricostruzione, Vasco Errani. Niente di tutto questo, per quanto si è appurato. Curcio ha chiesto a Gentiloni di essere sollevato dall’incarico a causa di un problema serio in famiglia. Il che evidenzia un certo spessore morale, e forse conferma l’inopportunità di un giudizio troppo critico sul suo operato al vertice della ProCiv. Anche se a qualche lettore di Sibilla Online ciò che dico sembrerà una bestemmia.
Al di là degli errori commessi e delle leggerezze (a volte sconcertanti come nella nevicata di gennaio) emerse nella gestione di alcuni aspetti dell’emergenza, a Curcio deve essere riconosciuto l’impegno e un grande senso della responsabilità. In fin dei conti è stato lui, ancora prima di Errani, a mettere la sua faccia al posto di quella dello Stato sulla gestione del terremoto. E ci vuole molto coraggio per fare certe cose in un paese del genere, sempre pronto a cercare capri espiatori, e dove nessuno vuole accollarsi la responsabilità che gli compete, che finisce per scaricarsi tutta sulle spalle di uno solo o di pochi.
Nel corso di quest’anno da incubo, con quattro terremoti fortissimi e una nevicata che non si vedeva da decenni, Curcio ha incassato molte critiche, alcune giuste, altre sbagliate. E’ stato messo in croce per la gestione delle verifiche sugli immobili, e in effetti qui c’è stata moltissima confusione, con ripensamenti e sovrapposizioni con le Ordinanze di Errani (le case sono tante, più di 200 mila, ma le verifiche sono ben lontane dall’esser terminate). Poi per gli ordini di acquisto delle casette di emergenza, dove l’azione dei sindaci è stata poco coordinata, provocando un allungamento dei tempi. Per i ritardi banali, come l’Ordinanza sui cimiteri: dieci mesi per scrivere meno di cento parole. Almeno all’inizio non è andata bene neanche l’intesa con Errani, non solo per le norme che si sono spesso accavallate. Molti però, lo considerano ingiustamente responsabile di tutti i problemi e di tutti i disagi attuali. Con il Cas, gli sfollati negli hotel, le macerie, i progetti, le stalle, i contributi, oggi la Protezione Civile ha poco o niente a che fare, sono le Regioni e il Commissario che ormai gestiscono quasi tutto.
Però Curcio non ha mai reagito scompostamente neanche alle critiche più pesanti. Ha subito attacchi anche dall’interno del governo, ma come nel caso di quelli pubblici ha sempre difeso il Dipartimento, prendendosi la responsabilità in prima persona, cercando di dimostrare coi numeri che quanto fatto era il massimo che si poteva fare. Non sempre è stato convincente, ma il suo atteggiamento è stato della massima trasparenza. Da quello che si sa non ha mai minacciato le dimissioni in questi dodici mesi, neanche nei momenti più difficili. E ce ne sono stati, come quando a gennaio intervennero il ministero dell’Interno e l’Esercito per coordinare le operazioni. Chi lo conosce dice che lui ha sempre considerato il proprio mandato nelle mani del Presidente del Consiglio e revocabile in ogni momento.
Una persona corretta, responsabile. Non è garanzia di capacità tecnica, ma la macchina della ProCiv è già molto rodata. Le figure chiave al comando, i veri tecnici dell’emergenza, sono le stesse da anni, come Immacolata Postiglione, o Angelo Borrelli, che adesso lo sostituirà. Lui è un commercialista, laureato in Economia, Curcio un ingegnere. Il Dipartimento ha la sua anima e non cambierà molto, ma il cambio di mentalità del vertice in qualche modo si farà sentire. E’ stato forse proprio nella programmazione che la gestione dell’emergenza del Centro Italia fin qui ha difettato maggiormente. Magari il cambio al vertice migliorerà le cose. Ma per favore adesso non sparate su Fabrizio Curcio. (M. Sen.)