La gestione del post terremoto sta esasperando l’animo dei marchigiani, rischiando di diventare un elemento rilevante in vista delle elezioni. Una rabbia non più latente e un’insoddisfazione diffusa hanno dato vita alle manifestazioni e alla proliferazione dei Comitati dei residenti. Il loro coinvolgimento istituzionale, con la convocazione al tavolo di Errani e Curcio e del governo, non sembra aver placato le critiche, che si sprecano in ogni angolo dei social network. Ma in qualche modo ha indebolito la figura dei Sindaci come interlocutori. Al di là del loro riconoscimento, che comunque qualcosa vuol dire, i Comitati non hanno ottenuto impegni nuovi, se non la conferma di quelli già scritti nelle leggi. L’impianto della ricostruzione resta quello disegnato dai quattro decreti del governo e dalle 26 ordinanze del Commissario. Ci saranno forse correzioni e aggiustamenti, ma il messaggio che arriva da Roma è chiaro. Aadesso tocca a voi. Ed è preoccupante, per almeno un paio di motivi.
Approssimazione
Il primo, occorre ammetterlo, è che questa prima lunga fase tra emergenza e ricostruzione nelle Marche non è stata ben gestita. L’approssimazione con cui è stata affrontata, in alcuni casi, ha prodotto danni irreparabili. A metà dicembre dell’anno scorso il pagamento della seconda rata dell’Imu è stata una tragicommedia. Il decreto che prevedeva l’esenzione per tutti gli immobili danneggiati o inagibili era già in vigore, e i sindaci o hanno fatto orecchie da mercante, o hanno addirittura sollecitato i proprietari a versare l’imposta. Con le stalle è andata anche peggio. L’ordinanza di Errani per il rimborso agli allevatori delle spese per i ricoveri temporanei c’era da novembre, ma quando i nostri sono andati a chiedere alla Regione, hanno capito che non si poteva fare niente. Poi, dopo che sono morte le bestie, si è ammesso che c’era stata un po’ di confusione.
I guai delle Marche
Alla confusione generale, come il rimpallo delle competenze sulle macerie, e a quelle determinate dalle stesse ordinanze, si sono aggiunti nelle Marche problemi particolari. Di coordinamento, perché i comuni coinvolti sono tanti. Di attuazione, perché ciascuno di loro ha esigenze molto diverse. E anche di informazione e di comunicazione, del tutto assenti. Adesso le cose vanno un po’ meglio, l’Ufficio per la Ricostruzione è stato strutturato e sul terreno qualcosa si muove. Ma sembra di avanzare al buio, con una lentezza disarmante. Si sente la mancanza di una spinta, di una regia forte. Il passaggio di consegne dal centro alla Regione è un’opportunità anche politica, ma pure un grosso rischio se il governo centrale non sgombrerà definitivamente il campo dagli enormi equivoci che circondano la ricostruzione. Non sarà per niente facile, e questo è il secondo motivo di preoccupazione.
Dov’è la regia?
Servirebbe un coraggio difficile da immaginare alla vigilia di una campagna elettorale. Si dice che il quadro normativo per la ricostruzione è ormai completo. Ma con 40 mila abitazioni da riparare nelle Marche sono stati presentati finora due soli progetti per la ricostruzione pesante e meno di cento per i danni leggeri. E Sindaci e Governatore, in questo caso, possono fare ben poco. Banalmente, dopo otto mesi le poche banche disponibili non hanno ancora messo a punto moduli e procedure per erogare i contributi, mentre gli ingegneri stanno impazzendo per capire come si inseriscono le domande nel sistema informatico Mude. Abbiamo la capacità di immaginare e organizzare operazioni grandiose, e poi perderci in un bicchiere d’acqua. Non ci vorrebbe molto, a Errani, alleggerire le procedure o dare istruzioni precise ai professionisti, e al presidente del Consiglio dare una bella svegliata alle banche…
Pudori e paure
Prima di lasciare la patata bollente nelle mani degli amministratori locali, il governo dovrebbe soprattutto parlare chiaro ai cittadini. Spiegare onestamente tempi e criteri della ricostruzione, senza nascondere le cose dietro il burocratese delle ordinanze. Fare un cronoprogramma e attenersi a quello. Servirebbe a dare una prospettiva, almeno ad “immaginare” un futuro, sicuramente ad alleggerire il peso che si sta scaricando sui sindaci. Invece abbiamo appena scoperto che saranno necessari almeno altri sei mesi prima di mettere mano alla ricostruzione dei centri urbani e dei borghi distrutti. Che prima bisogna fare la microzonazione e la perimetrazione delle zone più danneggiate, dove si ricostruirà con i piani urbanistici comunali. Ma lo hanno scritto tra le righe di due oscure ordinanze, perché a Roma nessuno, forse per pudore, o per paura, ha sentito il dovere di spiegarlo chiaramente ai terremotati. E forse dovevano pensarci un po’ prima, perché oggi quelli suonano come sei mesi buttati. Oltre a esser complicato, c’è il rischio che tutto diventi implicito e scontato in questa ricostruzione. Nessuno può pensare che i marchigiani lo permetteranno.
Mario Sensini
(Pubblicato su Orizzonti della Marca n 23 del 10/6/2017)
Bravo Mario Sensini. Hai assolutamente centrato il punto! Dobbiamo farlo girare in tanti. Alle prossime elezioni se questi ostacoli non saranno ancora superati tutti noi ce ne dobbiamo ricordare con i fatti però.